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Per il Fisco chi vende abitualmente online svolge un'attività d'impresa
Giovedì 15 Marzo 2012
autore: Redazione InterTraders La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze è di recente intervenuta su
una questione spinosa per chi si affaccia nel mondo dell'e-commerce e intende
sperimentare l'attività di vendita online senza troppe spese,
qualificandosi come venditore privato anziché
professionale.
Il commercio esercitato in Rete sotto "mentite spoglie" è infatti un malcostume
che caratterizza da oltre un decennio le più note piattaforme dedicate al b2c
con indubbi vantaggi -per chi se ne avvale- sia a livello contrattuale che
tributario.
Proprio con riferimento a quest'ultimo aspetto la sentenza 03/19/2012 del 23
gennaio scorso della Commissione Tributaria fiorentina, ricalcando una sua
precedente pronuncia del giugno 2011 e un orientamento giurisprudenziale già
noto in materia di accertamento fiscale, ha chiarito che:
"la nozione tributaristica di esercizio di imprese commerciali non
coincide con quella civilistica, perché l’articolo 55 del Testo Unico delle imposte sui
redditi (Tuir) intende come tale l’esercizio per professione abituale,
ancorché non esclusiva, delle attività indicate dall’articolo 2195 cc, anche
se non strutturate in forma di impresa, e prescinde quindi dal requisito
organizzativo, fondamentale per la qualificazione civilistica di impresa.
L’attività di intermediazione effettuata su portali di vendita on
line qualifica, pertanto, l’attività di impresa, quando vi sia un numero
rilevante di transazioni: i proventi, di conseguenza, sono redditi di
impresa e non redditi diversi, anche se manca l’'organizzazione'" (fonte:
FiscoOggi).
Come è evidente la sentenza focalizza la differenza tra la nozione di impresa
commerciale rilevante per il Fisco e che ricomprende, tra le altre, le attività
previste dall'art. 2195 c.c. anche se non strutturate in forma di impresa,
quali:
1) l'attività industriale diretta alla produzione di beni o di
servizi;
2) l'attività intermediaria nella circolazione dei
beni;
3) l'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
4) l'attività bancaria o assicurativa;
5) le altre attività ausiliarie delle precedenti.
e la nozione più rigida ex art. 2082 c.c. sostenuta dal contribuente
destinatario della sentenza in esame, per giustificare le sue continue
operazioni di compravendita online e sottrarsi così agli oneri fiscali previsti
in materia. Norma, lo ricordiamo, che qualifica invece come imprenditore
"chi esercita professionalmente una attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di
servizi".
La vicenda alla base del contenzioso trae origine dall'invio ad un utente di
eBay di un questionario, unitamente a un invito al contraddittorio, affinché
dimostrasse di aver dichiarato, ai fini delle imposte dirette, IVA e IRAP, i
ricavi derivanti da oltre 1500 transazioni concluse tra il 2005
e il 2009 sul sito di aste online.
In riscontro alle suddette richieste, il contribuente aveva dichiarato di non
essere titolare di partita IVA, di non aver dichiarato i redditi derivanti dalle
sue vendite via Internet ai fini delle ridette imposte, ma soprattutto
di aver intrapreso l'attività online per gioco, ossia
commerciando articoli vari (tra cui pellicce) forniti da parenti ed amici e
passando in un secondo momento all'acquisto tramite PayPal di merce su siti
stranieri per la rivendita in Italia.
Elementi che unitamente al numero crescente di vendite annuali
(passato dalle 7 del 2005 alle 598 del 2009) e alla frequenza non occasionale
delle stesse, non hanno però convinto i giudici, privando di fondamento le
giustificazioni dell'ebayer e i suoi pretestuosi richiami all'occasionalità del
reddito e all'assenza di organizzazione e abitualità d'esercizio di
vendita.
La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze ha infatti evidenziato come i
requisiti che qualificano un'impresa permettendo di definirla agli occhi del
Fisco come commerciale sono:
1) il rientrare dell'attività tra quelle indicate dall’art. 2195 c.c. o tra
le attività agricole indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell’art. 32
che eccedono i limiti ivi stabiliti;
2) l'esercizio d'attività per professione abituale ancorché non
esclusiva e anche se non organizzata in forma di impresa.
Con l'ovvia conseguenza che solo la prestazione occasionale, rientrando tra i
c.d. redditi diversi, è esclusa dal campo di applicazione dell'IVA e dall'IRAP
e che, pertanto, a nulla rileva l'autodefinizione di "venditore
privato".
Per ulteriori approfondimenti segnaliamo anche l'articolo pubblicato
da FiscoOggi.
Redazione InterTraders
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