L’IVA nel commercio elettronico
Giovedì 13 Settembre 2007
autore: Carla Pappalardo Parte I: Il trattamento fiscale è diverso a seconda che la vendita
abbia a oggetto beni materiali o “digitalizzati”
La continua e sempre più rapida evoluzione della tecnologia, che ha
profondamente influenzato negli ultimi dieci anni la nostra società, ha
offerto agli operatori economici l’opportunità di utilizzare un
ulteriore mezzo per commercializzare i propri prodotti, comunemente denominato
commercio elettronico, un mezzo in grado di consentire la conquista di nuovi
mercati potenzialmente privi di confini geografici.
Si tratta di un nuovo metodo di scambio, che si affianca e spesso si sostituisce
a quelli tradizionali, e che in questi anni si è rivelato fonte di
problematiche varie per quanto riguarda le modalità di applicazione delle
imposte di consumo. Il fenomeno, piuttosto generalizzato, interessa sia le
imposte di consumo europee, principalmente l’Iva, sia quelle previste da
altri sistemi fiscali come la sales tax (tassa sulle vendite) applicata
negli Stati Uniti.
Le reti telematiche stabiliscono, infatti, un contatto diretto e immediato tra
acquirenti e venditori, eliminando del tutto le distanze geografiche e,
soprattutto, la necessità di ricorrere a una forma di intermediazione
commerciale.
Se da una parte i vantaggi economici di questa trasformazione producono effetti
importanti sull’evoluzione dei prezzi dei prodotti offerti in vendita sul
web, dall’altra diventa sempre più urgente adeguare i sistemi
fiscali, ancora prevalentemente basati sulle regole del commercio tradizionale,
a questa nuova realtà virtuale.
La progressiva eliminazione degli intermediari (filiali di zona grossisti,
eccetera), infatti, ha fatto venire meno importanti punti di riferimento
(taxation points) per tutte le Amministrazioni fiscali.
Inoltre, sono aumentate a dismisura le difficoltà per individuare
correttamente la localizzazione sia del venditore che dell’acquirente e,
conseguentemente, determinare con precisione il luogo e il momento in cui
l’operazione viene effettuata e fruita.
A ciò si aggiungono, poi, problematiche tipiche della disciplina Iva,
quali, ad esempio, la corretta qualificazione dell’operazione che si
realizza a seguito della trasmissione mediante mezzi elettronici, al fine,
cioè, di stabilire se si tratta di una prestazione di servizi ovvero di
una cessione di beni, con l’individuazione dell’aliquota
d’imposta da applicare.
Allo scopo, pertanto, di prevedere per la tipologia di operazioni in esame una
tassazione indiretta (sul consumo) quanto più possibile adeguata e in
grado, nello stesso tempo, di non compromettere lo sviluppo del commercio
elettronico, in questo settore si è reso necessario introdurre specifiche
disposizioni fiscali.
In particolare, per quanto riguarda l’Iva, è stata emanata la direttiva del Consiglio 7 maggio 2002, n. 2002/38/Ce, che ha
introdotto, in via provvisoria (fino al 31 dicembre 2006, termine che
sarà prorogato fino a tutto l’anno 2008, come deliberato
dall’Ecofin nella riunione del 25 novembre 2006), un regime speciale per
le operazioni di commercio elettronico diretto, effettuate da operatori non
comunitari, affermando, nel contempo, alcuni principi inderogabili, da osservare
nell’ambito dell’Unione europea, che rispondono all’esigenza
di dare soluzione alle problematiche sopra accennate. E’ stato stabilito,
infatti, che:
- tutte le forniture tramite mezzi elettronici devono essere considerate
prestazioni di servizi
- la tassazione ai fini Iva deve avvenire nel luogo del consumo
- i servizi elettronici utilizzati nel territorio dell’Unione europea
devono essere assoggettati a Iva nel singolo Paese del consumo quando sono
posti in essere da un soggetto residente in un Paese non appartenente
all’Unione europea
- per i soggetti extra Ue devono essere emanate procedure semplificate per
l’assolvimento degli obblighi tributari che derivano
dall’effettuazione delle predette operazioni nel territorio
dell’Unione europea.
Definizione, tipologie e forme del commercio elettronico
Dal punto di vista strettamente giuridico, non esiste una
definizione del commercio elettronico. Dall’esame di
alcune direttive comunitarie, della direttiva n. 31 del 2000 in particolare,
si desume che può essere definita commercio elettronico
l’attività commerciale caratterizzata da transazioni per via
elettronica, che consiste nella:
- commercializzazione di beni e servizi
- distribuzione on-line di prodotti in formato digitale
- effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa
- stipula di appalti pubblici e applicazione di procedure di tipo
transattivo della Pubblica amministrazione.
Si tratta, in ogni caso, di uno scambio commerciale che viene effettuato
attraverso un canale elettronico di acquisto di beni e servizi, in cui il
cliente sceglie on-line il prodotto (comunemente viene denominato
e-commerce, quale abbreviazione dell’inglese electronic
commerci).
Allo stato attuale, esistono tre diversi canali elettronici di commercio:
- la televisione interattiva (ovvero la televisione digitale
terrestre, DTT), attraverso la quale il consumatore acquista beni e servizi
effettuando l’ordine direttamente e utilizzando il telecomando
- le vendite televisive on-line, quando il consumatore assiste alla
vendita dei prodotti e servizi in diretta televisiva ed effettua
l’acquisto chiamando il numero dedicato
- le vendite in Internet, quando il consumatore acquista beni e
servizi utilizzando uno strumento che consente la navigazione in
Internet.
Le tipologie di commercio elettronico vengono classificate a
seconda dei soggetti che partecipano al processo di vendita:
- business to consumer (B2C), è destinato al consumatore
finale. Attraverso questo sistema di vendita, gli operatori del commercio
elettronico (business o imprese) offrono servizi e prodotti via
Internet al consumatore finale (consumer)
- business to business (B2B), ha lo scopo di incrementare le
transazioni e gli affari tra aziende. Si rivolge, infatti, unicamente ai
predetti soggetti
- business to administration, fa riferimento esclusivamente ai
rapporti, gestiti mediante reti telematiche, fra le imprese e gli enti non
commerciali.
Le forme di e-commerce possono avere a oggetto:
- beni materiali, e in questo caso si tratta di commercio
elettronico indiretto (off-line). Sul sito web, il
venditore mette a disposizione il catalogo dei prodotti con le caratteristiche
merceologiche, le condizioni di consegna e i prezzi. Il cliente procede a
effettuare l’ordine per via telematica, ma riceve la consegna fisica dei
beni a domicilio attraverso i canali tradizionali, e cioè tramite
vettore o spedizioniere nel caso di importazione, con pagamento al venditore
(con carta di credito), oppure al vettore che consegna
- beni immateriali o digitalizzati (assimilati ai servizi), e in
questo caso si parla di commercio elettronico diretto
(on-line). Tutta la transazione commerciale, cessione e consegna,
avviene per via telematica, attraverso, cioè, la fornitura in rete di
prodotti virtuali. I servizi e i beni (software, siti web,
immagini, testi, basi di dati, musica, film, eccetera) vengono
dematerializzati alla partenza dal prestatore e materializzati
all’arrivo dal destinatario (download).
Parte II: Nella forma “indiretta”, la cessione è
assimilata alle vendite per corrispondenza
Nel commercio elettronico indiretto, la cessione giuridica
del bene e la conclusione del contratto tra venditore e cliente si perfezionano
per via telematica, mentre la consegna fisica del bene avviene attraverso i
canali tradizionali (posta, corriere espresso, eccetera).
L’acquisto si realizza a seguito dell’ordine effettuato
on-line dal cliente, che sceglie il prodotto accedendo al portale
messo a disposizione dal venditore. Successivamente, ci sarà il
pagamento, anche mediante mezzi elettronici, e la consegna materiale del bene
a destinazione presso l’indirizzo indicato dall’acquirente.
L’emissione di una fattura elettronica e l’effettuazione del
pagamento utilizzando una carta di credito o moneta digitale non sono,
però, sufficienti per considerare l’operazione, sotto
l’aspetto fiscale, come una transazione elettronica, tassabile secondo i
criteri fissati dall’Unione europea per il commercio elettronico
diretto.
Considerato, infatti, che l’operazione si realizza con la consegna
materiale del bene a destinazione, la tassazione deve avvenire nei modi
tradizionali e, cioè, in dogana, quando si tratta di importazione da
Paesi non appartenenti all’Unione europea, ovvero come vendita a distanza,
quando l’operazione viene effettuata in ambito comunitario tra un
fornitore e un consumatore privato, residenti in due diversi Stati, entrambi
appartenenti all’Unione europea.
Nel commercio elettronico indiretto, pertanto, la cessione, ai fini
dell’applicazione dell’Iva viene assimilata alle vendite per
corrispondenza, con la conseguente applicazione delle relative norme interne,
comunitarie e internazionali.
Le operazioni interne
Per quanto riguarda le operazioni di commercio elettronico indiretto,
effettuate tra soggetti entrambi residenti nel territorio italiano,
comprendendo tra questi anche le stabili organizzazioni in Italia di soggetti
non residenti, la disciplina Iva applicabile è quella delineata in via
generale dalle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972.
E’ utile evidenziare che le operazioni in esame, in quanto equiparate alle
vendite per corrispondenza, non sono soggette all’obbligo di
certificazione mediante emissione di fattura, come previsto
dall’articolo 22, comma 1, n. 1, né all’obbligo di
certificazione mediante emissione di scontrino fiscale o di ricevuta, ai sensi
dell’articolo 2, lettera o), del D.P.R. n. 696 del 1996.
Le operazioni intracomunitarie
Le operazioni di commercio elettronico indiretto che avvengono tra soggetti
residenti in due Paesi diversi, entrambi appartenenti all’Unione
europea, essendo equiparate alla vendite a distanza, sono destinatarie,
nell’ambito della disciplina Iva applicabile alle operazioni
intracomunitarie, di alcune disposizioni specifiche, contenute negli articoli
40, comma 4, lettera b), e 41, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 331
del 1993, che riguardano, rispettivamente, le cessioni poste in essere da
soggetti comunitari nei confronti di soggetti residenti in Italia, e le cessioni
effettuate da soggetti residenti in Italia nei confronti di soggetti
comunitari.
In particolare, è prevista:
- nell’ipotesi di cedente comunitario e acquirente privato
fiscalmente residente nel territorio italiano, l’applicazione
dell’Iva in Italia, se il cedente comunitario ha effettuato vendite nei
confronti di privati italiani nell’anno precedente o in corso
d’anno, per un ammontare pari o superiore a 27.888,67 euro (in tale
caso, il soggetto comunitario è tenuto a nominare un rappresentante
fiscale, ovvero a procedere all’identificazione diretta in Italia, ai
sensi dell’articolo 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di
assolvere gli obblighi ai fini Iva nei confronti dell’Erario italiano).
Viceversa, in caso di non superamento del predetto limite, il cedente
comunitario può scegliere di assoggettare l’operazione a Iva nel
suo Stato di residenza
- nell’ipotesi di cedente soggetto Iva italiano e acquirente
privato consumatore residente in altro Stato membro dell’Ue,
l’applicazione dell’Iva in Italia se l’ammontare delle
cessioni effettuate nell’altro Stato membro non ha superato,
nell’anno solare precedente, né supera in quello in corso, la
soglia di 79.534,36 euro, ovvero la soglia dell’eventuale minore
ammontare al riguardo stabilito dallo Stato di destinazione dei beni. Se,
invece, il fatturato realizzato dall’impresa italiana nell’altro
Stato membro supera tale soglia, l’operazione deve essere assoggettata a
imposta nello Stato di residenza dell’acquirente, e l’imprenditore
italiano è tenuto a nominare un proprio rappresentante fiscale ovvero a
identificarsi direttamente in tale Stato. L’operatore italiano
può, in ogni caso, optare per l’applicazione dell’imposta
nell’altro Stato membro, dandone comunicazione all’Amministrazione
finanziaria italiana nella dichiarazione Iva
- nell’ipotesi in cui cedente e acquirente, residenti in
differenti Stati comunitari, siano entrambi soggetti passivi Iva,
l’applicazione dell’Iva secondo le regole dettate in via generale
per gli acquisti intracomunitari, contenute negli articoli 38 e seguenti del
decreto legge n. 331 del 1993, che prevedono l’applicazione
dell’Iva nel Paese di destinazione del bene.
Le operazioni internazionali
Per quanto riguarda le operazioni di commercio elettronico che hanno a oggetto
beni che provengono da Stati non appartenenti all’Unione europea, ovvero
beni ceduti da soggetti italiani ad acquirenti residenti in Paesi non
comunitari, si rendono applicabili le disposizioni previste dagli articoli 67
e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 per le importazioni, e
dall’articolo 8 dello stesso decreto per le esportazioni.
Pertanto, se il bene acquistato, indipendentemente dal fatto che
l’acquirente sia o meno soggetto passivo Iva, proviene da un Paese non
appartenente all’Unione europea, si configura
un’importazione e l’Iva, applicata in dogana,
dovrà essere assolta congiuntamente alle imposte doganali.
Nell’ipotesi, invece, di un soggetto Iva italiano che effettua una
cessione di beni nei confronti di clienti esteri (sia imprese sia consumatori)
non residenti nel territorio comunitario, trova applicazione la disciplina
riservata alle cessioni all’esportazione che prevede
l’emissione di una fattura senza applicazione dell’imposta.
Parte III: Se l’intera transazione, compresa la consegna del bene,
avviene telematicamente (download)
l’operazione rappresenta, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,
una prestazione di servizi
Nel commercio elettronico diretto, tutta la transazione
commerciale, sia la cessione che la consegna del bene, avviene esclusivamente
per via telematica, attraverso la fornitura di prodotti virtuali che non si
materializzano mai in qualcosa di tangibile. I servizi e i beni
(software, siti web, immagini, testi, basi di dati, musica,
film, eccetera) vengono, infatti, dematerializzati alla partenza dal
prestatore e materializzati all’arrivo dal destinatario (download).
Come stabilito dalla direttiva n. 2002/38/Ce del 7 maggio 2002, la tassazione
delle operazioni on-line, espressamente individuate dall’allegato
L del documento comunitario (fornitura di siti web e
web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature; la
fornitura di software e relativo aggiornamento; la fornitura di
immagini, testi e informazione e messa a disposizione di basi di dati;
l’accesso a banche dati; la fornitura di musica, film, giochi, compresi
i giochi di sorte e d’azzardo, programmi o manifestazioni politiche,
culturali, artistiche, sportive, scientifiche o di intrattenimento
nonché la fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza), deve
avvenire tenendo presente che tali operazioni, siano esse prestazioni di
servizi in senso stretto, ovvero fornitura di beni virtuali, rappresentano
sempre, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, delle prestazioni di
servizi, e che occorre fare riferimento al consumo, vale a dire al luogo in
cui è localizzato il destinatario dell’operazione, per stabilire
il luogo in cui le stesse devono essere tassate.
Da tali principi consegue, con particolare riferimento alle operazioni poste
in essere da operatori residenti in Paesi non appartenenti all’Unione
europea, che la fornitura di beni informatici da questi effettuata a favore di
clienti, soggetti passivi o privati, residenti in Paesi aderenti
all’Unione europea, è da assoggettare a Iva nel territorio
dell’Unione europea stessa. Invece, per le analoghe operazioni
effettuate da operatori comunitari nei confronti di clienti non localizzati
nell’Unione europea, viene meno il presupposto territoriale di
imposizione.
Di fatto, al fine di attrarre a tassazione le operazioni in esame, viene
applicato il principio sancito per importazioni ed esportazioni di beni, che
comporta la detassazione dei servizi informatici in uscita dal territorio
comunitario e la tassazione degli stessi servizi in entrata.
Per adempiere gli obblighi imposti dalla normativa comunitaria, ogni operatore
extracomunitario, che non operi per il tramite di una stabile organizzazione
situata nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea, è
chiamato a identificarsi fiscalmente in uno Paese comunitario. In tale Stato
devono essere assolti gli adempimenti previsti dalla disciplina Iva
(dichiarazione e liquidazione dell’imposta), usufruendo di specifiche
semplificazioni e con riferimento a tutte le operazioni di commercio
elettronico effettuate nell’intero ambito comunitario.
La scelta del Paese di registrazione è lasciata all’operatore
extra Ue e, in ogni caso, tale scelta non influenza l’aliquota
applicabile alle operazioni poste in essere dallo stesso dopo la
registrazione. Indipendentemente dallo Stato membro di registrazione, infatti,
l’operatore extracomunitario è tenuto ad assoggettare ogni
singola operazione all’aliquota Iva prevista dalla normativa dello Stato
in cui è localizzato il committente.
L’obbligo di registrazione grava su qualunque impresa extracomunitaria,
che pone in essere operazioni di commercio elettronico nei confronti di
committenti privati comunitari, indipendentemente dall’ammontare delle
operazioni effettuate nel corso dell’anno.
La direttiva n. 2002/38/Ce, stabilisce, inoltre, che per le operazioni di
commercio elettronico diretto trova sempre applicazione l’imposta
secondo le aliquote ordinarie previste dai singoli Stati membri. E’
esclusa, infatti, per tali operazioni, l’applicazione delle aliquote
agevolate di cui all’articolo 12, paragrafo 3, lettera a), della VI
direttiva.
Nell’ordinamento italiano, la direttiva n. 2002/38/Ce è stata
recepita con l’emanazione del Dlgs 1° agosto 2003, n. 273, in vigore
dal 4 ottobre 2003, il quale, tra l’altro, ha introdotto,
nell’ambito del D.P.R. n. 633 del 1972, la disciplina Iva applicabile
agli operatori che intendono identificarsi in Italia, contenuta
nell’articolo 74-quinquies.
L’identificazione diretta, nel commercio elettronico, è riservata
agli operatori stabiliti fuori dal territorio dell’Unione europea, che
effettuano le operazioni, qualificabili come di “commercio elettronico
diretto”, in ambito Ue e nei confronti di consumatori privati.
Per operatore stabilito fuori del territorio dell’Unione europea si
intende un soggetto passivo estero (extra Ue) che:
- non ha stabilito la sede della propria attività, ovvero una stabile
organizzazione, nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea
- non è tenuto a nominare un rappresentante fiscale, per il ricorrere
di altri presupposti, quali l’effettuazione di operazioni diverse da
quelle di commercio elettronico, espressamente individuate dall’allegato L
della direttiva n. 2002/38/CE.
L’ufficio fiscale competente per i soggetti extra Ue, che esercitano
attività di commercio elettronico nel territorio dell’Unione
europea e si identificano in Italia, è il Centro operativo di Pescara,
come stabilito dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle
entrate dell’8 ottobre 2003.
Al fine di poter procedere all’identificazione, l’operatore
extracomunitario deve presentare un’apposita dichiarazione di
inizio attività che prevede l’indicazione:
- del nome o denominazione e dell’indirizzo postale
- degli indirizzi elettronici (inclusi i siti web)
- del numero di codice fiscale attribuitogli dallo Stato di appartenenza (se
esistente).
Alla dichiarazione deve essere allegata un’autocertificazione, con la
quale l’operatore che richiede l’identificazione in Italia attesta
di non essere già identificato ai fini Iva in un altro Stato membro
dell’Unione europea.
Per quanto riguarda gli adempimenti contabili richiesti all’operatore
extra UE identificatosi ai sensi dell’articolo 74-quinquies,
è prevista:
- la conservazione per dieci anni dei documenti e dei dati informatici
relativi alle operazioni effettuate nell’ambito comunitario e
l’impegno a rendere possibile il controllo sugli stessi da parte degli
organi dell’Amministrazione finanziaria di tutti gli Stati membri
- la certificazione mediante fattura con addebito dell’Iva secondo
l’aliquota ordinaria prevista nello Stato di residenza del consumatore
privato.
Ad esempio, un operatore giapponese fatturerà dall’Italia (Paese
dell’identificazione) con Iva italiana (20 per cento) se il consumatore
privato è residente in Italia, con Iva belga (21 per cento) se il
consumatore privato è residente in Belgio, con Iva tedesca (16 per
cento) se il consumatore privato è residente in Germania
- la presentazione di una dichiarazione trimestrale, entro il 20 del mese
successivo a ciascun trimestre solare, che richiede l’indicazione
dell’ammontare imponibile delle operazioni effettuate nel trimestre,
l’aliquota applicata e l’imposta riscossa dai consumatori finali
residenti nell’Unione europea, con riferimento a ciascuno Stato membro
- il versamento allo Stato di identificazione dell’Iva
complessivamente riscossa nel trimestre. Sarà cura dello Stato che
riscuote il totale dell’imposta riaccreditare, successivamente, ai
singoli Stati membri la parte di Iva di loro spettanza, nonché
comunicare i dati della dichiarazione di interesse del singolo Stato
destinatario di transazioni on-line.
Carla Pappalardo
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