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Domenica 24 Novembre 2024
Focus

L’IVA nel commercio elettronico

Giovedì 13 Settembre 2007
autore: Carla Pappalardo
Parte I: Il trattamento fiscale è diverso a seconda che la vendita abbia a oggetto beni materiali o “digitalizzati”

La continua e sempre più rapida evoluzione della tecnologia, che ha profondamente influenzato negli ultimi dieci anni la nostra società, ha offerto agli operatori economici l’opportunità di utilizzare un ulteriore mezzo per commercializzare i propri prodotti, comunemente denominato commercio elettronico, un mezzo in grado di consentire la conquista di nuovi mercati potenzialmente privi di confini geografici.

Si tratta di un nuovo metodo di scambio, che si affianca e spesso si sostituisce a quelli tradizionali, e che in questi anni si è rivelato fonte di problematiche varie per quanto riguarda le modalità di applicazione delle imposte di consumo. Il fenomeno, piuttosto generalizzato, interessa sia le imposte di consumo europee, principalmente l’Iva, sia quelle previste da altri sistemi fiscali come la sales tax (tassa sulle vendite) applicata negli Stati Uniti.

Le reti telematiche stabiliscono, infatti, un contatto diretto e immediato tra acquirenti e venditori, eliminando del tutto le distanze geografiche e, soprattutto, la necessità di ricorrere a una forma di intermediazione commerciale.
Se da una parte i vantaggi economici di questa trasformazione producono effetti importanti sull’evoluzione dei prezzi dei prodotti offerti in vendita sul web, dall’altra diventa sempre più urgente adeguare i sistemi fiscali, ancora prevalentemente basati sulle regole del commercio tradizionale, a questa nuova realtà virtuale.

La progressiva eliminazione degli intermediari (filiali di zona grossisti, eccetera), infatti, ha fatto venire meno importanti punti di riferimento (taxation points) per tutte le Amministrazioni fiscali.
Inoltre, sono aumentate a dismisura le difficoltà per individuare correttamente la localizzazione sia del venditore che dell’acquirente e, conseguentemente, determinare con precisione il luogo e il momento in cui l’operazione viene effettuata e fruita.

A ciò si aggiungono, poi, problematiche tipiche della disciplina Iva, quali, ad esempio, la corretta qualificazione dell’operazione che si realizza a seguito della trasmissione mediante mezzi elettronici, al fine, cioè, di stabilire se si tratta di una prestazione di servizi ovvero di una cessione di beni, con l’individuazione dell’aliquota d’imposta da applicare.
Allo scopo, pertanto, di prevedere per la tipologia di operazioni in esame una tassazione indiretta (sul consumo) quanto più possibile adeguata e in grado, nello stesso tempo, di non compromettere lo sviluppo del commercio elettronico, in questo settore si è reso necessario introdurre specifiche disposizioni fiscali.

In particolare, per quanto riguarda l’Iva, è stata emanata la direttiva del Consiglio 7 maggio 2002, n. 2002/38/Ce, che ha introdotto, in via provvisoria (fino al 31 dicembre 2006, termine che sarà prorogato fino a tutto l’anno 2008, come deliberato dall’Ecofin nella riunione del 25 novembre 2006), un regime speciale per le operazioni di commercio elettronico diretto, effettuate da operatori non comunitari, affermando, nel contempo, alcuni principi inderogabili, da osservare nell’ambito dell’Unione europea, che rispondono all’esigenza di dare soluzione alle problematiche sopra accennate. E’ stato stabilito, infatti, che:

  • tutte le forniture tramite mezzi elettronici devono essere considerate prestazioni di servizi
  • la tassazione ai fini Iva deve avvenire nel luogo del consumo
  • i servizi elettronici utilizzati nel territorio dell’Unione europea devono essere assoggettati a Iva nel singolo Paese del consumo quando sono posti in essere da un soggetto residente in un Paese non appartenente all’Unione europea
  • per i soggetti extra Ue devono essere emanate procedure semplificate per l’assolvimento degli obblighi tributari che derivano dall’effettuazione delle predette operazioni nel territorio dell’Unione europea.
Definizione, tipologie e forme del commercio elettronico
Dal punto di vista strettamente giuridico, non esiste una definizione del commercio elettronico. Dall’esame di alcune direttive comunitarie, della direttiva n. 31 del 2000 in particolare, si desume che può essere definita commercio elettronico l’attività commerciale caratterizzata da transazioni per via elettronica, che consiste nella:
  • commercializzazione di beni e servizi
  • distribuzione on-line di prodotti in formato digitale
  • effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa
  • stipula di appalti pubblici e applicazione di procedure di tipo transattivo della Pubblica amministrazione.
Si tratta, in ogni caso, di uno scambio commerciale che viene effettuato attraverso un canale elettronico di acquisto di beni e servizi, in cui il cliente sceglie on-line il prodotto (comunemente viene denominato e-commerce, quale abbreviazione dell’inglese electronic commerci).

Allo stato attuale, esistono tre diversi canali elettronici di commercio:
  1. la televisione interattiva (ovvero la televisione digitale terrestre, DTT), attraverso la quale il consumatore acquista beni e servizi effettuando l’ordine direttamente e utilizzando il telecomando
  2. le vendite televisive on-line, quando il consumatore assiste alla vendita dei prodotti e servizi in diretta televisiva ed effettua l’acquisto chiamando il numero dedicato
  3. le vendite in Internet, quando il consumatore acquista beni e servizi utilizzando uno strumento che consente la navigazione in Internet.
Le tipologie di commercio elettronico vengono classificate a seconda dei soggetti che partecipano al processo di vendita:
  1. business to consumer (B2C), è destinato al consumatore finale. Attraverso questo sistema di vendita, gli operatori del commercio elettronico (business o imprese) offrono servizi e prodotti via Internet al consumatore finale (consumer)
  2. business to business (B2B), ha lo scopo di incrementare le transazioni e gli affari tra aziende. Si rivolge, infatti, unicamente ai predetti soggetti
  3. business to administration, fa riferimento esclusivamente ai rapporti, gestiti mediante reti telematiche, fra le imprese e gli enti non commerciali.
Le forme di e-commerce possono avere a oggetto:
  • beni materiali, e in questo caso si tratta di commercio elettronico indiretto (off-line). Sul sito web, il venditore mette a disposizione il catalogo dei prodotti con le caratteristiche merceologiche, le condizioni di consegna e i prezzi. Il cliente procede a effettuare l’ordine per via telematica, ma riceve la consegna fisica dei beni a domicilio attraverso i canali tradizionali, e cioè tramite vettore o spedizioniere nel caso di importazione, con pagamento al venditore (con carta di credito), oppure al vettore che consegna
  • beni immateriali o digitalizzati (assimilati ai servizi), e in questo caso si parla di commercio elettronico diretto (on-line). Tutta la transazione commerciale, cessione e consegna, avviene per via telematica, attraverso, cioè, la fornitura in rete di prodotti virtuali. I servizi e i beni (software, siti web, immagini, testi, basi di dati, musica, film, eccetera) vengono dematerializzati alla partenza dal prestatore e materializzati all’arrivo dal destinatario (download).



Parte II: Nella forma “indiretta”, la cessione è assimilata alle vendite per corrispondenza
Nel commercio elettronico indiretto, la cessione giuridica del bene e la conclusione del contratto tra venditore e cliente si perfezionano per via telematica, mentre la consegna fisica del bene avviene attraverso i canali tradizionali (posta, corriere espresso, eccetera).
L’acquisto si realizza a seguito dell’ordine effettuato on-line dal cliente, che sceglie il prodotto accedendo al portale messo a disposizione dal venditore. Successivamente, ci sarà il pagamento, anche mediante mezzi elettronici, e la consegna materiale del bene a destinazione presso l’indirizzo indicato dall’acquirente.

L’emissione di una fattura elettronica e l’effettuazione del pagamento utilizzando una carta di credito o moneta digitale non sono, però, sufficienti per considerare l’operazione, sotto l’aspetto fiscale, come una transazione elettronica, tassabile secondo i criteri fissati dall’Unione europea per il commercio elettronico diretto.
Considerato, infatti, che l’operazione si realizza con la consegna materiale del bene a destinazione, la tassazione deve avvenire nei modi tradizionali e, cioè, in dogana, quando si tratta di importazione da Paesi non appartenenti all’Unione europea, ovvero come vendita a distanza, quando l’operazione viene effettuata in ambito comunitario tra un fornitore e un consumatore privato, residenti in due diversi Stati, entrambi appartenenti all’Unione europea.
Nel commercio elettronico indiretto, pertanto, la cessione, ai fini dell’applicazione dell’Iva viene assimilata alle vendite per corrispondenza, con la conseguente applicazione delle relative norme interne, comunitarie e internazionali.

Le operazioni interne
Per quanto riguarda le operazioni di commercio elettronico indiretto, effettuate tra soggetti entrambi residenti nel territorio italiano, comprendendo tra questi anche le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, la disciplina Iva applicabile è quella delineata in via generale dalle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972.
E’ utile evidenziare che le operazioni in esame, in quanto equiparate alle vendite per corrispondenza, non sono soggette all’obbligo di certificazione mediante emissione di fattura, come previsto dall’articolo 22, comma 1, n. 1, né all’obbligo di certificazione mediante emissione di scontrino fiscale o di ricevuta, ai sensi dell’articolo 2, lettera o), del D.P.R. n. 696 del 1996.

Le operazioni intracomunitarie
Le operazioni di commercio elettronico indiretto che avvengono tra soggetti residenti in due Paesi diversi, entrambi appartenenti all’Unione europea, essendo equiparate alla vendite a distanza, sono destinatarie, nell’ambito della disciplina Iva applicabile alle operazioni intracomunitarie, di alcune disposizioni specifiche, contenute negli articoli 40, comma 4, lettera b), e 41, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 331 del 1993, che riguardano, rispettivamente, le cessioni poste in essere da soggetti comunitari nei confronti di soggetti residenti in Italia, e le cessioni effettuate da soggetti residenti in Italia nei confronti di soggetti comunitari.

In particolare, è prevista:
  • nell’ipotesi di cedente comunitario e acquirente privato fiscalmente residente nel territorio italiano, l’applicazione dell’Iva in Italia, se il cedente comunitario ha effettuato vendite nei confronti di privati italiani nell’anno precedente o in corso d’anno, per un ammontare pari o superiore a 27.888,67 euro (in tale caso, il soggetto comunitario è tenuto a nominare un rappresentante fiscale, ovvero a procedere all’identificazione diretta in Italia, ai sensi dell’articolo 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, al fine di assolvere gli obblighi ai fini Iva nei confronti dell’Erario italiano). Viceversa, in caso di non superamento del predetto limite, il cedente comunitario può scegliere di assoggettare l’operazione a Iva nel suo Stato di residenza
  • nell’ipotesi di cedente soggetto Iva italiano e acquirente privato consumatore residente in altro Stato membro dell’Ue, l’applicazione dell’Iva in Italia se l’ammontare delle cessioni effettuate nell’altro Stato membro non ha superato, nell’anno solare precedente, né supera in quello in corso, la soglia di 79.534,36 euro, ovvero la soglia dell’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito dallo Stato di destinazione dei beni. Se, invece, il fatturato realizzato dall’impresa italiana nell’altro Stato membro supera tale soglia, l’operazione deve essere assoggettata a imposta nello Stato di residenza dell’acquirente, e l’imprenditore italiano è tenuto a nominare un proprio rappresentante fiscale ovvero a identificarsi direttamente in tale Stato. L’operatore italiano può, in ogni caso, optare per l’applicazione dell’imposta nell’altro Stato membro, dandone comunicazione all’Amministrazione finanziaria italiana nella dichiarazione Iva
  • nell’ipotesi in cui cedente e acquirente, residenti in differenti Stati comunitari, siano entrambi soggetti passivi Iva, l’applicazione dell’Iva secondo le regole dettate in via generale per gli acquisti intracomunitari, contenute negli articoli 38 e seguenti del decreto legge n. 331 del 1993, che prevedono l’applicazione dell’Iva nel Paese di destinazione del bene.
Le operazioni internazionali
Per quanto riguarda le operazioni di commercio elettronico che hanno a oggetto beni che provengono da Stati non appartenenti all’Unione europea, ovvero beni ceduti da soggetti italiani ad acquirenti residenti in Paesi non comunitari, si rendono applicabili le disposizioni previste dagli articoli 67 e seguenti del D.P.R. n. 633 del 1972 per le importazioni, e dall’articolo 8 dello stesso decreto per le esportazioni.

Pertanto, se il bene acquistato, indipendentemente dal fatto che l’acquirente sia o meno soggetto passivo Iva, proviene da un Paese non appartenente all’Unione europea, si configura un’importazione e l’Iva, applicata in dogana, dovrà essere assolta congiuntamente alle imposte doganali.
Nell’ipotesi, invece, di un soggetto Iva italiano che effettua una cessione di beni nei confronti di clienti esteri (sia imprese sia consumatori) non residenti nel territorio comunitario, trova applicazione la disciplina riservata alle cessioni all’esportazione che prevede l’emissione di una fattura senza applicazione dell’imposta.




Parte III: Se l’intera transazione, compresa la consegna del bene, avviene telematicamente (download) l’operazione rappresenta, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, una prestazione di servizi
Nel commercio elettronico diretto, tutta la transazione commerciale, sia la cessione che la consegna del bene, avviene esclusivamente per via telematica, attraverso la fornitura di prodotti virtuali che non si materializzano mai in qualcosa di tangibile. I servizi e i beni (software, siti web, immagini, testi, basi di dati, musica, film, eccetera) vengono, infatti, dematerializzati alla partenza dal prestatore e materializzati all’arrivo dal destinatario (download).

Come stabilito dalla direttiva n. 2002/38/Ce del 7 maggio 2002, la tassazione delle operazioni on-line, espressamente individuate dall’allegato L del documento comunitario (fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature; la fornitura di software e relativo aggiornamento; la fornitura di immagini, testi e informazione e messa a disposizione di basi di dati; l’accesso a banche dati; la fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte e d’azzardo, programmi o manifestazioni politiche, culturali, artistiche, sportive, scientifiche o di intrattenimento nonché la fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza), deve avvenire tenendo presente che tali operazioni, siano esse prestazioni di servizi in senso stretto, ovvero fornitura di beni virtuali, rappresentano sempre, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, delle prestazioni di servizi, e che occorre fare riferimento al consumo, vale a dire al luogo in cui è localizzato il destinatario dell’operazione, per stabilire il luogo in cui le stesse devono essere tassate.

Da tali principi consegue, con particolare riferimento alle operazioni poste in essere da operatori residenti in Paesi non appartenenti all’Unione europea, che la fornitura di beni informatici da questi effettuata a favore di clienti, soggetti passivi o privati, residenti in Paesi aderenti all’Unione europea, è da assoggettare a Iva nel territorio dell’Unione europea stessa. Invece, per le analoghe operazioni effettuate da operatori comunitari nei confronti di clienti non localizzati nell’Unione europea, viene meno il presupposto territoriale di imposizione.
Di fatto, al fine di attrarre a tassazione le operazioni in esame, viene applicato il principio sancito per importazioni ed esportazioni di beni, che comporta la detassazione dei servizi informatici in uscita dal territorio comunitario e la tassazione degli stessi servizi in entrata.

Per adempiere gli obblighi imposti dalla normativa comunitaria, ogni operatore extracomunitario, che non operi per il tramite di una stabile organizzazione situata nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea, è chiamato a identificarsi fiscalmente in uno Paese comunitario. In tale Stato devono essere assolti gli adempimenti previsti dalla disciplina Iva (dichiarazione e liquidazione dell’imposta), usufruendo di specifiche semplificazioni e con riferimento a tutte le operazioni di commercio elettronico effettuate nell’intero ambito comunitario.

La scelta del Paese di registrazione è lasciata all’operatore extra Ue e, in ogni caso, tale scelta non influenza l’aliquota applicabile alle operazioni poste in essere dallo stesso dopo la registrazione. Indipendentemente dallo Stato membro di registrazione, infatti, l’operatore extracomunitario è tenuto ad assoggettare ogni singola operazione all’aliquota Iva prevista dalla normativa dello Stato in cui è localizzato il committente.
L’obbligo di registrazione grava su qualunque impresa extracomunitaria, che pone in essere operazioni di commercio elettronico nei confronti di committenti privati comunitari, indipendentemente dall’ammontare delle operazioni effettuate nel corso dell’anno.

La direttiva n. 2002/38/Ce, stabilisce, inoltre, che per le operazioni di commercio elettronico diretto trova sempre applicazione l’imposta secondo le aliquote ordinarie previste dai singoli Stati membri. E’ esclusa, infatti, per tali operazioni, l’applicazione delle aliquote agevolate di cui all’articolo 12, paragrafo 3, lettera a), della VI direttiva.

Nell’ordinamento italiano, la direttiva n. 2002/38/Ce è stata recepita con l’emanazione del Dlgs 1° agosto 2003, n. 273, in vigore dal 4 ottobre 2003, il quale, tra l’altro, ha introdotto, nell’ambito del D.P.R. n. 633 del 1972, la disciplina Iva applicabile agli operatori che intendono identificarsi in Italia, contenuta nell’articolo 74-quinquies.

L’identificazione diretta, nel commercio elettronico, è riservata agli operatori stabiliti fuori dal territorio dell’Unione europea, che effettuano le operazioni, qualificabili come di “commercio elettronico diretto”, in ambito Ue e nei confronti di consumatori privati.
Per operatore stabilito fuori del territorio dell’Unione europea si intende un soggetto passivo estero (extra Ue) che:
  1. non ha stabilito la sede della propria attività, ovvero una stabile organizzazione, nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea
  2. non è tenuto a nominare un rappresentante fiscale, per il ricorrere di altri presupposti, quali l’effettuazione di operazioni diverse da quelle di commercio elettronico, espressamente individuate dall’allegato L della direttiva n. 2002/38/CE.
L’ufficio fiscale competente per i soggetti extra Ue, che esercitano attività di commercio elettronico nel territorio dell’Unione europea e si identificano in Italia, è il Centro operativo di Pescara, come stabilito dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 ottobre 2003.
Al fine di poter procedere all’identificazione, l’operatore extracomunitario deve presentare un’apposita dichiarazione di inizio attività che prevede l’indicazione:
  • del nome o denominazione e dell’indirizzo postale
  • degli indirizzi elettronici (inclusi i siti web)
  • del numero di codice fiscale attribuitogli dallo Stato di appartenenza (se esistente).
Alla dichiarazione deve essere allegata un’autocertificazione, con la quale l’operatore che richiede l’identificazione in Italia attesta di non essere già identificato ai fini Iva in un altro Stato membro dell’Unione europea.

Per quanto riguarda gli adempimenti contabili richiesti all’operatore extra UE identificatosi ai sensi dell’articolo 74-quinquies, è prevista:
  • la conservazione per dieci anni dei documenti e dei dati informatici relativi alle operazioni effettuate nell’ambito comunitario e l’impegno a rendere possibile il controllo sugli stessi da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria di tutti gli Stati membri
  • la certificazione mediante fattura con addebito dell’Iva secondo l’aliquota ordinaria prevista nello Stato di residenza del consumatore privato. Ad esempio, un operatore giapponese fatturerà dall’Italia (Paese dell’identificazione) con Iva italiana (20 per cento) se il consumatore privato è residente in Italia, con Iva belga (21 per cento) se il consumatore privato è residente in Belgio, con Iva tedesca (16 per cento) se il consumatore privato è residente in Germania
  • la presentazione di una dichiarazione trimestrale, entro il 20 del mese successivo a ciascun trimestre solare, che richiede l’indicazione dell’ammontare imponibile delle operazioni effettuate nel trimestre, l’aliquota applicata e l’imposta riscossa dai consumatori finali residenti nell’Unione europea, con riferimento a ciascuno Stato membro
  • il versamento allo Stato di identificazione dell’Iva complessivamente riscossa nel trimestre. Sarà cura dello Stato che riscuote il totale dell’imposta riaccreditare, successivamente, ai singoli Stati membri la parte di Iva di loro spettanza, nonché comunicare i dati della dichiarazione di interesse del singolo Stato destinatario di transazioni on-line.

Carla Pappalardo

International Traders ringrazia FISCOoggi per l'autorizzazione a pubblicare il presente articolo.




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Ultimi commenti inseriti...
Scritto da Andrea il 30/08/2017 alle ore: 17:22
L'iva per i prodotti digitali non tangibili ( esempio abbonamento al servizio online della playstation denominato Playstation plus ) e venduto escusivamente per via telematica ??¨ del 22%? Perch??¨ altri stati europei riescono a vendere gli stessi prodotti senza Iva essendo di conseguenza stracompetitivi?
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